Weekend sul Lago di Ledro
Abbiamo scelto un campeggio che ci avevano consigliato degli amici, perché l’area sosta in zona era piuttosto cara e con pochi servizi. È stata una scelta azzeccata, per una decina di euro in più, abbiamo fatto la felicità dei bambini perché abbiamo avuto a disposizione una piscina riscaldata, con gli scivoli. Siamo arrivati nel tardo pomeriggio e ci siamo rimasti fino all’orario di chiusura.
Il campeggio è a ridosso del lago e si accede direttamente alla pista ciclabile, per cui la mattina, dopo una lauta colazione saliamo in sella, caschi allacciati e raggiungiamo in bici il museo delle palafitte.
Con il soggiorno abbiamo diritto all’ingresso gratuito, abbiamo il green pass, per cui facciamo questo tuffo nella preistoria. Durante la costruzione della diga a Riva del Garda, si abbassarono le acque del lago di Ledro e vennero scoperti i pali di numerose palafitte risalenti a circa 4000 anni fa. Nei fanghi del lago furono poi raccolti numerosi reperti, tra cui punte di lance, pugnali particolari e alcuni contenitori, alcuni con cibo fossilizzato. Le palafitte sono state ricostruite sulla riva e sono arredate con riproduzioni degli oggetti e pelli. Ci divertiamo ad immaginarne l’uso quotidiano e a ragionare sul menù dei nostri antenati locali.
Il lago è limpido, vicino alla pista ciclabile si vede il fondale, attraverso le acque di un verde trasparente. Ci sono persone che azzardano a tuffarsi, chi noleggia canoe e kayak, chi tenta l’equilibrio sulle nuove tavole sup e un sacco di cani che giocano con i padroni qua e là. Facciamo un’ulteriore passeggiata nella direzione opposta, dopo un pranzo con amici venuti da lontano, che non vedevamo da parecchio tempo. Incontri brevi, ma carichi di affetto.
Il pomeriggio ci buttiamo di nuovo in piscina e il Saggio vince il torneo di freccette.
La sera fa freschino ormai, l’estate è agli sgoccioli, ma il campeggio ti incoraggia a cenare fuori, imbacuccati nelle felpe, circondati da alberi e illuminati dalle luci riflesse sul lago.
La domenica mattina, a dispetto delle previsioni avverse, splende il sole. Ci inerpichiamo, a piedi, su un sentiero che conduce alla panchina gigante, non ancora inserita nel circuito ufficiale delle Big Bench, ma ugualmente spettacolare per il panorama e la storia che offre.
È intagliata in un larice, abbattuto dalla tempesta, che ha trovato nuova vita per accogliere grandi e piccini che hanno il coraggio di salire lassù. Tra l’altro da queste parti è vissuto un vero gigante, Bernardo Gigli, nato a Bezzecca nel 1726.
Questo uomo, noto come il Popo di Bezeca, era alto 2,60 metri (!!!) E divenne famoso perché da contadino imparò l’arte circense e girò l’Europa, finché non tornò nel suo paese d’origine e adattò una casa alle sue dimensioni. Il Terremoto, con la sua sfrenata fantasia, immagina che andasse a sedersi proprio su quella panchina gigante, e che si fosse fatto costruire sedie, letto, porte apposta per le sue dimensioni. Il Cucciolo dorme nel mei-tai, lo zainetto sulle spalle di papà.
Al rientro dobbiamo lasciare il campeggio, ma il colore del lago ci ha stregato per cui sostiamo più avanti a bordo strada e azzardiamo un tuffo nell’acqua gelata. Alcuni più nordici di noi fanno serenamente il bagno. Sovrastati da un sole caldo e da una nube temporalesca che incombe ci gustiamo un pranzo che accenna all’autunno in arrivo, con un risotto ai porcini. Tentiamo di rifilare ai figli il più economico “menù bambini”, ma li abbiamo cresciuti buongustai e ordinano con nonchalance delle pappardelle al ragù di selvaggina. Manca poco e ordineranno un calice di vino da abbinare.
Senza farci mancare il dolce, risaliamo in camper e rientriamo sotto un acquazzone, soddisfatti e satolli.
Che bei colori che ha il lago