Parco delle Fucine di Casto
Un, due, tre...si parte!
C’è un punto, dove confluiscono due torrenti Alone e Comero, in cui si intersecano storia e leggenda, là dove l’acqua forma cascate e laghetti tra rocce e radici degli alberi. L’uomo si è insediato in queste zone fin dall’epoca preistorica, ma è nel medioevo in cui l’artigianato e il commercio fioriscono, rendendo Casto luogo di interesse per noi e i nostri piccoli viaggiatori.
Tra storia e leggenda
Il nome del paese ha origine da Casticus che significa castagno o da Castrum, l’accampamento fortificato dei romani. In effetti qui sono sorti diversi castelli, alcuni dei quali andati distrutti. Il castello di Famea fu fortificato e governato per diversi anni dalla famiglia Freddi, che onoro in quanto ho tra le mie amiche alcune fanciulle che discendono proprio dalla val Sabbia e magari scopriranno con questo post di avere nobili origini. Nel castello di Comero invece, venne preparato nel XII secolo un piano strategico in cui l’eroe Oberto da Comero (detto anche da Savallo, dal nome della montagna) capeggiò il partito popolare contro la nobiltà bresciana. Gente vendicativa a quel tempo, i valsabbini e i valtrumplini si allearono e si evitò lo scontro con la nobiltà bresciana solo grazie all’intervento del vescovo. Oberto ce l’aveva in particolare con un abate di nome Onesto, che di buono aveva ben poco, tant’è che aveva inviato dei sicari per ucciderlo. Oberto avendolo scoperto pensò di organizzare una spedizione di montanari per impalare l’abate…ma questa non è una storia da raccontare ai bambini, per cui se siete curiosi di sapere come andò a finire, vi lascio un link dove troverete l’epilogo della vicenda http://www.enciclopediabresciana.it/enciclopedia/index.php?title=OBERTO_da_Savallo
Ai bimbi abbiamo raccontato però che in questi luoghi probabilmente si svolgevano delle riunioni misteriose delle streghe del posto, come testimoniano le statue in legno collocate nella grotta della Corna Zana, la falesia sotto cui si trova il parcheggio del Parco delle Fucine di Casto, da cui è partito il nostro itinerario.
Le nostre partenze sono spesso improvvisate, in questo primo weekend di ottobre, abbiamo accettato l’invito di alcuni amici a fare un pic nic. Il Saggio non era d’accordo, il suo spirito pigro lo spingeva a starsene sotto le coperte a leggere Geronimo Stilton, mentre il Terremoto era ben felice dell’avventura. Il Cucciolo nonostante il raffreddore, non appena ci ha visto preparare lo zaino da montagna ha iniziato ad indicare la porta pronto per uscire. Felpe per tutti, borracce d’acqua, k-way e sosta al supermercato per recuperare dei viveri, visto che il frigo era vuoto. Arrivo al parcheggio alle 13, ma questo è servito da stimolo per camminare, il pranzo sarebbe stato il premio.
Si parte dalla Cà delle Streè, ristorante e bar aperto nel weekend dalle 9 alle 17, recentemente ricostruito dopo un incendio doloso.
Il piazzale è arricchito da molte sculture in legno di veicoli stile Flinstones con cui giocare e da animali e streghe intagliate. Si possono scegliere diverse opzioni di escursione, dalle ferrate, con il noleggio dell’attrezzatura, le arrampicate o il noleggio e-bike.
Noi scegliamo di fare una passeggiata seguendo il sentiero blu, il più semplice, verso il Rifugio Paradiso. Il paesaggio è incantevole. Il sentiero si snoda tra canyon stretti e gole, poi si allarga nel bosco. Non è percorribile col passeggino, ma a piedi è agevole, in molti punti cementato e sono presenti ovunque sostegni e protezioni nei passaggi più difficili. Dopo 20 minuti raggiungiamo il rifugio, chiuso, ma sono a disposizione i tavolini, una fontana e dei giochi per i bambini. Si possono utilizzare anche i bagni. C’è un cartello che invita a fare il pic nic senza lasciare rifiuti, un altro con la mappa dei sentieri e una targa con la preghiera degli alpini. L’insegna invece è promettente: Benvenuti in Paradiso.
Dopo un lauto pranzetto a base di panini, affettati e frutta fresca, riprendiamo la salita per compiere il giro completo, che ci impegnerà per un paio d’ore.
Lungo il sentiero sono presenti pannelli che spiegano la flora e la fauna che si possono incontrare e raccontano la storia di questo sito dove natura e artigianato si sono fusi per secoli. I torrenti formano diramazioni e cascatelle e la popolazione, dal medioevo fino al secolo scorso, vi si era insediata per la lavorazione dei metalli. Si sfruttava il corso d’acqua per muovere i magli con cui si costruivano attrezzi agricoli, chiodi, e si lavorava la lana.
Nelle fucine i maestri artigiani coordinavano i lavori, producendo instancabilmente oggetti in metallo che poi erano venduti alle città vicine di Brescia, Bergamo, Venezia. I segreti del mestiere erano custoditi con cura e tramandati di generazione in generazione, era un lavoro pesante e comportava dei rischi, tra cui il rischio di esplosioni ed incendi, per cui ci si raccomandava a Sant’Antonio Abate, a cui venne dedicata la chiesa. Quando la produzione da artigiana divenne industriale, il luogo venne abbandonato per qualche decennio, finché grazie al lavoro degli alpini e delle comunità locali, fu recuperato, costruendo ponti, ponticelli, restaurando i resti degli edifici, creando percorsi per gli sportivi e rendendolo il luogo incantevole che è ora. I bambini si sono lamentati giusto un po’ lungo la salita, ma poi sono rimasti incantati, come noi peraltro, da questa fitta rete di corsi d’acqua, dalle casette dei nani, dai passaggi tortuosi, dalle sculture poste qua e là per insegnare e per creare stupore e mistero, come la polena di una nave che sbuca tra le rocce o il pozzo di una calchera in cui infilarsi per essere fotografati dall’alto.
I laghetti sono trasparenti, con alghe di un verde brillante e in alcuni punti si può attraversare su un ponte traballante, protetto, o se attrezzati, sui ponti tibetani, esperienza che lasciamo ad altri più temerari e coraggiosi di noi.
Siamo rimasti così affascinati che abbiamo rinviato il rientro, fermandoci a chiacchierare ai tavolini fuori dalla casa delle Streghe, nonostante fosse ormai chiusa, e scattando foto sui trenini in legno. Alcuni scalatori stavano terminando il loro allenamento, siamo rimasti a guardarli col naso all’insù, finché abbiamo trovato le forze per salutare questo luogo, con un arrivederci, torneremo di sicuro. https://www.ferratecasto.com/